Dettagli Recensione
Ospedale di frontiera
Da giornalista scientifico, da anni avvezzo a seguire le relazioni di illustri cattedratici, sia a livello nazionale che internazionale, non avrei mai pensato di recensire una struttura sanitaria di periferia. Premetto, a scanso di equivoci, che sono di fuori regioni. Questa volta lo faccio per l'Ospedale San Massimo di Penne in provincia di Pescara. Accompagnato dall'amico Vincenzo, originario della cittadina abruzzese, nella mattinata di qualche giorno fa mi sono recato al P.S. di questo ospedale di frontiera (mi piace chiamarlo così) per un problema urologico sub acuto. Sono arrivato alle 7,30 e dopo solo un paio di minuti sono stato preso in carico della struttura di P.S. nella persona del Dott. Gustavo Maggi che, nonostante fosse in cambio turno, ha provveduto ad inquadrare il mio problema e ad impartire quelli che erano gli indirizzi terapeutici più idonei al mio problema. Dopo di che mi ha affidato alle cure del collega che gli subentrava, il dott. Enrico Torelli. Senza entrare nei particolari terapeutici diagnostici posso dire che mi hanno rivoltato come un calzino! Nelle tre ore circa di soggiorno tra ambulatori e sala di attesa, ho potuto notare la competenza del personale medico (tra esso cito anche della Dr.ssa Barbara Renzetti, Radiologa), dei tecnici, degli infermieri e degli ausiliari. Stesso discorso anche per il personale amministrativo. Non da ultimo la pulizia degli ambienti, bagni compresi! Infine ho potuto notare che tutti gli altri pazienti nonostante le proprie problematiche avevano volti distesi, sicuramente perché presi in carico quasi immediatamente e messi a proprio agio dal personale. Mi sono reso conto che in un ospedale di periferia un paziente viene trattato come un essere umano e non come un numero come avviene ormai costantemente nei grandi nosocomi, anche quelli più qualificati. Vorrei esortare i politici, anzi lo dovremmo fare tutti, che ormai per far quadrare i bilanci della sanità tagliano più degli stessi chirurghi (per rimanere in tema), a prestare maggiore attenzione al grosso ruolo sanitario e anche sociale che svolgono gli ospedali di “frontiera”.
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