Dettagli Recensione

 
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
Voto medio 
 
4.3
Competenza 
 
5.0
Assistenza 
 
2.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
5.0

Figlio di paziente

La struttura è rinomata a livello mondiale. Vengono medici dal resto del mondo per studiare il loro lavoro. Spesso altre strutture rinomate mandano qui i loro pazienti. Nel circa un anno in cui ho frequentato la struttura per mio padre, ho conosciuto decine di pazienti con la stessa malattia di mio padre. Posso testimoniare che i chirurghi lavorano dalla mattina alla sera e sono molto umani e disponibili anche dopo, durante la convalescenza. Se sei giovane o adulto faranno di tutto per salvarti, operandoti una, due, tre, quattro, anche cinque volte. Se ti considerano salvabile ti asporteranno arti, vertebre, costole, parti di bacino, reni, parti di colon e di intestino, pur di salvarti. Se sei giovane o adulto e ti giudicano salvabile e la prima chemio fallisce, ne provano un'altra, e un'altra ancora se serve, prima di arrendersi.
Ma se sei anziano a mio parere è un'altra storia. Mio padre nel 2016 era anagraficamente anziano, ma in forma fisica eccellente, studiava e svolgeva attività fisica intensa con regolarità essendo appassionato di montagna.
Quando lo hanno preso in cura per un enorme liposarcoma al polpaccio destro, misconosciuto per oltre due anni, non hanno fatto chemioterapia né prima né dopo l'operazione in quanto il suo liposarcoma secondo loro "di solito non dà metastasi". Tre mesi dopo, al primo follow-up, nove piccole metastasi: tre sicure, pleuriche; tre sospette a tre vertebre; una piccola all'acetabolo, una di 4 cm. all'emisacro destro e una di 4 cm. nella pelvi a destra, fra vescica e vena iliaca.
Brutta situazione, ma c'era tanto tempo per almeno provare qualcosa, come fanno con "tutti" i malati. Invece no.
I chirurghi, cortesemente, ma senza tanti complimenti, anzi senza alcun complimento, ci hanno subito detto che non avrebbero più operato in quanto con le metastasi di solito non si opera più. Neanche togliere la piccola massa pelvica a scopo palliativo? No. Ed è vero, anche altrove spesso è così, però se non vuoi operarmi c'è da provare la radioterapia e la chemioterapia.
Invece la radioncologa ha deciso di irradiare solo la metastasi all'emisacro e all'acetabolo e non quella pelvica. Al mio "ma perché?" la risposta è stata "non possiamo fare un patchwork". Ma che senso ha lasciare indisturbata una massa che sta crescendo solo per rispettare il protocollo?
E infatti nei mesi successivi la massa pelvica cresce indisturbata.
E la chemioterapia? Qui avviene il fatto più deprecabile. Mio padre viene affidato per la chemioterapia a una giovane medico oncologa, Sanfilippo, che fin dal primo incontro dimostra interesse pari a zero al suo caso.
Sempre allegra e sorridente si presenta dichiarando che "di solito ai pazienti anziani non si fa la chemioterapia" (sic). Cercando di non offenderla, la smentisco e le cito dei casi reali. Mi liquida dicendo che il sarcoma è diverso. Poiché mio padre è ancora in ottima forma, vorremmo almeno provarci, come gli stessi chirurghi ci hanno prospettato. Sorridente ci butta lì "ma tanto non guarisce". Incredulo per tanta insensibilità mostrata in faccia a un malato, spiego che, come dichiara l'Istituto Tumori stesso oltre che la letteratura, vorremmo provare a rallentare l'avanzamento della malattia e con un po' di fortuna prolungare la vita del paziente. Guardando mio padre e me esclama "ma è molto anziano!". Cioè? Ha vissuto anche troppo?
Che c'entra l'anagrafe? Guardate le condizioni fisiche: organi intatti e cuore una bomba, come attesta il cardiologo. Niente da fare: poiché la cicatrice al polpaccio stenta a chiudersi (ci sono circa 8 cm. che si sono riaperti e i margini si avvicinano lentamente) Sanfilippo decide di rinviare la chemioterapia finchè la cicatrice non si chiude, perché c'è il rischio di neutropenia, dice. Ma se mi hai appena detto che non guarisce, che ti importa della neutropenia, che comunque può essere contrastata coi fattori di crescita. Invano uno dei chirurghi (Calegaro) prova a farle cambiare idea, invitandola a fare un tentativo. "Decido io" risponde lei. E così passano i mesi, con una Tac ogni mese: l'unica massa che cresce impetuosamente è appunto quella pelvica, senza che a mio padre venga data neanche una pillolina contro il tumore, ma solo medicando la ferita al polpaccio ogni due settimane.
In totale otto mesi in cui mio padre fa le Tac mensili, medica la ferita e vede la massa crescere da 4 cm. alle dimensioni di un pallone da calcio, senza fare nulla per fermarla, né chirurgia, né radioterapia, né chemioterapia. Poi l'ottavo mese Sanfilippo va in ferie e la sua sostituta decide di fare almeno un tentativo con un farmaco, però di seconda linea. Purtroppo alla prima infusione mio papà sta benissimo, ma gli esami del sangue indicano un rialzo delle GGTP e si deve sospendere tutto finché i valori si rinormalizzano. Dopo due mesi però i valori delle GGTP sono ancora alti e Sanfilippo ci convoca: dopo tanti sorrisi, a mio papà gli comunica che non gli farà più nulla e gli dice di fare le cure palliative.
A quel punto la massa pelvica è enorme, due mesi dopo mio papà muore per la compressione esercitata su vene e vescica. Fare la chemio otto mesi prima lo avrebbe aiutato? Non lo sapremo mai, non avendo provato.
Ma perché lasciarlo otto mesi senza fare nulla mentre la massa cresceva?
Quindi, se siete giovani o adulti, questo centro è considerato fra i migliori al mondo.
Se siete anziani, anche in ottima forma, vi suggerisco di andare altrove.

Patologia trattata
Metastasi dopo chirurgia per liposarcoma mixoide (?) al polpaccio destro.

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