Fibrosi retroperitoneale

Fibrosi retroperitoneale

A cura di: Dott. Andrea Militello, Responsabile Servizio di Urologia e Andrologia Presso Casa di Cura Villa Immacolata (VT)

GENERALITÀ. La fibrosi retroperitoneale, originariamente chiamata malattia di Ormond, è una rara malattia infiammatoria in cui si verifica una formazione anormale di tessuto fibroso (fibrosi) dietro la membrana che riveste la cavità dell'addome (peritoneo). Questa crescita anormale di tessuto spesso si diffonde, andando a colpire altri organi presenti nel retroperitoneo (vena cava, muscolo di psoas, ecc.) e gli ureteri, i canali tubulari che trasportano l'urina dal rene alla vescica, che possono così essere ostruiti dal tessuto in eccesso portando ad insufficienza renale (eventualità tra le più gravi) . I sintomi specifici possono variare a seconda della posizione esatta della crescita del tessuto e fino a che punto si diffonde. Nella maggior parte dei casi (70%) la causa di questo disturbo è sconosciuta (idiopatica). La fibrosi retroperitoneale colpisce i maschi due volte più spesso delle femmine e solitamente si verifica in individui tra i 40 ei 60 anni. Tuttavia, il disturbo può verificarsi a qualsiasi età, anche se è estremamente raro nei bambini, per i quali può essere causa non comune di uropatia ostruttiva.

CAUSE. La causa esatta della fibrosi retroperitoneale non è nota in circa due terzi degli individui affetti (idiopatica). Un farmaco usato nel trattamento e nella prevenzione dell'emicrania (Metisergide) può essere la causa di questo raro disturbo nel 12% dei casi. I tumori maligni sono associati a fibrosi retroperitoneale nell'8% dei soggetti affetti. In alcuni casi, del tessuto che è stato lesionato/indebolito da traumi o da interventi chirurgici può essere il fattore scatenante. In alcuni soggetti predisposti, la fibrosi retroperitoneale può anche essere indotta da una esagerata risposta infiammatoria all'aterosclerosi aortica. Si è inoltre riscontrato che può essere secondaria ad una malattia autoimmune sistemica.

SINTOMI. Il sintomo più comune della fibrosi retroperitoneale è il dolore nella regione lombare o addominale. In molti casi questo dolore è lieve, vago e difficile da localizzare. Ulteriori sintomi possono essere perdita di peso, febbre, nausea, basso livello dei globuli rossi (anemia) e perdita di appetito. Ad intermittenza può verificarsi il movimento alterato di un arto ed il paziente può anche sperimentare l'ingiallimento della pelle e della sclera degli occhi (ittero). Edemi agli arti inferiori possono essere la conseguenza della compressione dei vasi linfatici e venosi retroperitoneali, cosi come edemi scrotali, varicocele, idrocele e trombosi venose profonde. Occasionalmente possono verificarsi emorragie nello stomaco e nell'intestino. In circa il 10% dei casi ci possono essere difficoltà ad urinare. All'esame medico, può essere percepita nel retto o nell'addome una massa in circa il 15% delle persone con questo disturbo. In alcuni casi può verificarsi anche l'ostruzione di uno o entrambi gli ureteri (uropatia ostruttiva unilaterale o bilaterale). A seconda di dove si verifica l'ostruzione, l'accumulo di urina può provocare idronefrosi, ipertensione e, infine, insufficienza renale. I sintomi di insufficienza renale comprendono nausea e vomito.

DIAGNOSI. La precocità della diagnosi è fondamentale in quanto può permettere di preservare la funzione renale ed impedire l'estensione della crescita fibrosa. La diagnosi non è semplice perchè spesso i sintomi sono aspecifici e diversi esami possono risultare nella norma, oppure la loro positività non specifica (analisi delle urine, elevazione di VES e proteina C-reattiva, ipercreatininemia, ipergammaglobulinemia, elevata fosfatasi alcalina, ecc.). La radiografia addominale puo mostrare anomalie secondarie all'idronefrosi, mentre la radiografia toracica puo evidenziare edema o fibrosi polmonare. In generale, per rilevare la presenza della malattia è necessario avvalersi di metodiche di imaging avanzato come la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica dell'addome, che ad oggi costituiscono le metodiche di scelta nella diagnosi e nel controllo di questa malattia. Talvolta può risultare utile l'ecografia, anche se non consente di differenziare la forma benigna da quella maligna di fibrosi retroperitoneale. Per una diagnosi differenziale, possono essere utili i confronti con malattie che presentano sintomi simili, quali: la sindrome carcinoide, malattia rara e maligna che colpisce intestino tenue, pancreas e/o stomaco; la sclerodermia, malattia cronica di tipo autoimmuncaratterizzata da crescita di tessuto fibroso, alterazioni degenerative e anomalie vascolari della pelle; la vasculite, infiammazione del sistema dei vasi sanguigni che comprende vene, arterie e capillari.

TERAPIA. Il trattamento ha come obiettivi la gestione delle complicanze associate, l'impedimento della progressione della malattia e la prevenzione delle recidive. La terapia dipende dalla posizione e dall'estensione della crescita del tessuto. La chirurgia ha spesso molto successo nel liberare un organo inglobato dalla fibrosi retroperitoneale e l'approccio chirurgico può anche essere utilizzato per rimuovere una eventuale massa fibrosa. L'ostruzione ureterale è spesso trattata con ureterolisi, procedura chirurgica utilizzata per liberare l'uretere da aderenze flogistiche. In alcuni casi, possono essere impiantati degli stent all'interno dell'uretere per fornire sollievo temporaneo dall'ostruzione. La terapia farmacologica corticosteroidea può essere utilizzata nelle prime fasi della malattia, in concomitanza con la chirurgia, o in individui affetti ad alto rischio chirurgico. La maggioranza delle recidive avvengono entro i primi 12 mesi e possono rispondere alla ripresa di terapia steroidea. Nonostante queste prove di efficacia, l'impiego degli steroidi come prima terapia rimane controverso e vi sono diversi specialisti che ritengono debba essere iniziata solo dopo ripetute biopsie profonde per escludere la presenza di tessuto maligno. Vi sono infine casi in cui la fibrosi retroperitoneale ha risoluzione spontanea, senza bisogno di trattamento alcuno. Tra le terapie sperimentali si annoverano quelle a base di azatioprina, di progesterone e di tamoxifene.