Dettagli Recensione

 
Ospedali e case di cura a Padova
Voto medio 
 
1.5
Competenza 
 
1.0
Assistenza 
 
1.0
Pulizia 
 
3.0
Servizi 
 
1.0

Mala organizzazione

Mio papà, deceduto dopo innumerevoli tentativi nel metterlo nella lista per il trapianto di fegato, è stato ricoverato a marzo per colpa di una mal organizzazione degli esami che gli erano stati richiesti già a ottobre. Gli mancava un ultimo esame, dimenticato totalmente dalla signora Elisa, che lavorava nel reparto Coordinamento trapianti. Con due mesi di ritardo e sotto insistenza nostra, questo esame è stato prenotato, e già da allora mio papà iniziava a stare molto male. Tuttavia era andato con le sue gambe all’ospedale, con tanta speranza e fiducia nei medici. Dopo quest’esame (che doveva essere effettuato due mesi prima) è iniziata la sofferenza. Dubbi su probabili tumori, sempre confermati negativi, indifferenza da parte dei medici giovani, zero umanità anche da parte del personale sanitario, il quale alle sue richieste di essere cambiato dopo ore che stava sporco, gli rispondevano che lui sta riposando sul letto e loro invece lavorano. Zero organizzazione: Dottor Grasso gli doveva prenotare un esame e ci dice che lo prenotano in giornata, per poi passare una settimana quando lui scopre che l’esame non era stato prenotato. Tanto tempo perso, TEMPO, che per mio papà era fondamentale. Gli dicevano che doveva essere il primo in lista per la gravità della malattia, tuttavia hanno solo perso tempo ed il suo stato è peggiorato. Il 3 maggio, mandano mio papà a casa, in due ore ci chiamano per portarlo via, lui faceva fatica ad alzarsi per vestirsi, lo hanno mandato fuori dalla stanza per vestirsi nella saletta d’attesa con la scusa che dovevano disinfettare la stanza; la stessa stanza con il bagno sporco di sangue per settimane raramente veniva pulito. Il giorno dopo mio papà ha la febbre per colpa di un’infezione e lo riportiamo all’ospedale. La dottoressa Arcangeli ci dice che doveva passare dal pronto soccorso, quando un paziente dimesso entro 24 ore ha il diritto di andare direttamente nel reparto, soprattutto nel suo stato. Ci danno codice bianco e stiamo lì ad aspettare due ore. Vedendo la sofferenza di mio papà, alle 20:00 vado su nel reparto e vedo la dottoressa Arcangeli, la quale con un’aria sorridente mi dice che lei è FUORI SERVIZIO e che non c’erano posti disponibili nel reparto. Dopo di che, un’altra dottoressa giovane si è avvicinata nel vedermi piangere e le ha detto che forse si era liberato un posto e che un paziente dimesso entro 24 ore ha diritto al ricovero immediato, cosa che la dottoressa Arcangeli continuava a negare. Da quel giorno lo riempiono di cure antibiotiche, una diversa dall’altra perché senza risultati, fino al cedimento totale dei reni. Non riusciva a respirare per quanta acqua aveva nel corpo e nessuno la toglieva con la scusa che non c’è abbastanza personale e i medici giovani non si prendevano le responsabilità. Nel frattempo il dottor Russo ci diceva che papà lo dovevano trasferire a Monselice per lasciare posto a pazienti più gravi, perché l’unica cosa che lui doveva fare era una cura antibiotica e che la poteva fare in qualunque posto. Non lo hanno portato a Monselice perché non c’era posto... In un giorno papà peggiora sotto i nostri occhi fino a portarlo in terapia intensiva dove, dopo tante sofferenze, tante speranze, in una settimana si spegne completamente.

Patologia trattata
Cirrosi epatica.

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