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Prima di tutto sei un protocollo..
F.P. viene ricoverato nel reparto di Endocrinologia Clinica, per eseguire un controllo terapeutico, ora attualmente appoggiato al sesto piano dell’Edificio 6. Per il ricovero occorre eseguire l’accettazione all’edificio 1, i quali sportelli aprono alle ore 8:30 (con comodo), qui logicamente bisogna fare una fila! Poi, per il ricovero, bisogna recarsi all’edificio 6 – sesto piano, ma qui ti dicono che devi eseguire prima i prelievi al terzo piano e poi ritornare, tra tutto questo non ti permettono di entrare con l’auto se non hai impedimenti motori, quindi devi aspettare, per ogni spostamento, a partire dall’ingresso, l’arrivo della navetta che fa il giro dell’intera città ospedaliera e stare al reparto entro le ore 9:00; semplice, no? Comunque, dopo tutto ciò, sistemato il paziente F.P. in camera, da premettere che è stato appena dimesso, il 17 aprile 2014, dal reparto di psichiatria, al terzo piano dell’edificio 18, dopo un ricovero durato 40 giorni circa, con regolare dimissione dei medici accompagnata dalla prescrizione farmacologica. Alla prima visita d’ingresso, viene chiesta la consulenza psichiatrica (nonostante sia già presente in cartella un riepilogo generale di tutti gli esami e le terapie eseguite nel ricovero appena terminato), “si esegue un protocollo”, e dopo la consulenza, il paziente viene classificato come “soggetto pericoloso” (non si valuta il paziente soggettivamente, il “perché” ha detto una “certa considerazione” di qualche Medico che riveste un ruolo un po’ più in alto, forse in riferimento all’esperienza vissuta da ricoverato? Non fa comodo sentirla dire, specialmente in un altro reparto, i panni sporchi si lavano in famiglia, ne vale la faccia di qualche Dottore). Il dott. psichiatra che effettua la consulenza (non il medico che lo ha seguito da ricoverato) dichiara che deve essere sorvegliato 24 ore su 24 e, vista l’inesistenza di tale possibilità, la Dott.ssa Biondi di turno ritiene “indispensabile”, sempre secondo un “protocollo”, il trasferimento al reparto di psichiatria contro il suo consenso, senza sentire il parere dei familiari, lasciando parte degli effetti personali lì, con la scusa di andare a fare una TAC, senza considerare che F.P. aveva accettato il ricovero in endocrinologia a condizione che di psichiatria non ne avrebbe voluto sentire assolutamente, e al momento stava intraprendendo un discorso di vita sociale presso una casa famiglia attrezzata. E dopo? Quando si rende conto di essere stato trasferito? Trattato come uno diverso? Un emarginato? Uno “scartato”? Ma cosa importa, però ho eseguito il protocollo. Io penso che, se un soggetto ha un problema cardiologico, non debba fare la stessa cura di uno che ha il mal di pancia, non gli si somministra lo stesso farmaco, è così? I familiari sono stati avvertiti telefonicamente di tutto ciò, ma solo dopo aver già deciso il tutto, e anche avendo detto che sarebbero andati a prenderlo in serata firmando la dimissione e di non autorizzare il trasferimento, è stato comunque trasferito con l’inganno. Ma con chi o cosa (a questo punto bisogna dire) credete di avere a che fare? E la dignità altrui? Conclusioni: Tu paziente al Policlinico Federico II di Napoli, ricordati che prima di tutto sei un “protocollo”.
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