Dettagli Recensione

 
Ospedale Luigi Sacco di Milano
Voto medio 
 
5.0
Competenza 
 
5.0
Assistenza 
 
5.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
5.0

Martirio

Arrivo all’Ospedale Sacco agli inizi di agosto 2013. Nell’aprile 2011, a causa di una banale caduta casalinga, vengo portato al San Raffaele (io abito a Città Studi) dove mi viene diagnosticata una frattura sottocapitata del femore destro: mi spiegano che è un intervento di routine. Si infetta la protesi con rischio di setticemia e l’intervento di routine diventa sei interventi (di cui uno per l’opera maldestra di chi mi ha messo in carrozzella che mi provoca la fessurazione del femore, che viene rinforzato con quattro anelli di titanio), per un totale complessivo di circa nove mesi di ricovero. All’inizio del 2013 mi compare una fistola sulla cicatrice, che si allarga a vista d’occhio secernendo di tutto, compreso materiale purulento e pus. Si vede chiaramente che al reparto di infettivologia del San Raffaele, non hanno una strategia e l’unica cosa che propongono è l’espianto della protesi (certamente infetta: diagnosi fatta senza riscontri strumentali oggettivi). Senza più rimpianto e un futuro in carrozzella io rifiuto, perché ho deciso che tornerò a camminare: vengo scaricato in modo bieco. Su consiglio di un amico, non medico, telefono al Sacco e fisso un appuntamento con la dottoressa Roberta Terzi.
In realtà incontro anche le dottoresse Carla Pastecchia e Barbara Argentieri.
Si respira un altro clima: calma prudenza e presa di decisione su dati oggettivi. Mi prospettano di fare una scintigrafia per verificare l’integrità della protesi, una fistolografia per individuare la provenienza del materiale secreto; pensano di ridurmi la fistola usando una macchina che si chiama vacuum. Va considerato che anche il San Raffaele avrebbe potuto farmi gli stessi trattamenti e non lo ha fatto. Situazione ai primi di agosto 2014: scintigrafia che dimostra che la protesi non è infetta, la fistola è chiusa, anche grazie alla competente opera del dott. Zambelli, algologo, il dolore è molto diminuito. Ho ripreso a camminare: la strada sarà lunga ma non mi preoccupa, vada come vada, “queste ragazze” meritano un monumento. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il determinante contributo del personale infermieristico e paramedico, all’altezza del personale medico per gentilezza, disponibilità e competenza.

Patologia trattata
Infezione protesi anca dx.

Commenti

1 risultati - visualizzati 1 - 1  
 
Per Ordine 
 
Inviato da Paolo Nicotra
16 Ottobre, 2016
Aggiornamento su MARTIRIO Infezione protesi anca destra.
Continua la sfida tra la dottoressa Terzi e lo stafilococcus aureus.
La dottoressa lavora col suo stile calmo e riflessivo, ma determinato.
Mi ricoverano per l’ennesima volta (ma credetemi, per la gentilezza, la disponibilità del personale medico e paramedico, non mi è sembrato di stare in un ospedale).
Su proposta della caposala, che tutti chiamano Jenni perché ha un impossibile nome della tradizione sarda, mi applicano all’anca il VACUUM, che è uno strumento che si applica alla ferita infetta e con un movimento a pompa aspira i tessuti infetti (non garantisco la spiegazione). La fistola si chiude il 2 dicembre 2015 e non si è ancora riaperta (spero non si apra più.)
Scrivo queste note il 15/10/2016. I valori dopo 5 anni della VES e quelli della PCR sono in linea con la norma. Ho ripreso la fisioterapia in modo continuativo e forse un giorno riuscirò a camminare col minimo degli ausili.
Che dire alla dottoressa Terzi e al reparto di infettivologia, che mi ha salvato una gamba, che mi ha dato una speranza di rimediare e recuperare, per quanto possibile, ai danni provocati dal precedente nosocomio??
Grazie,
Paolo Nicotra
1 risultati - visualizzati 1 - 1