Dettagli Recensione

 
Ospedale San Filippo Neri di Roma
Voto medio 
 
5.0
Competenza 
 
5.0
Assistenza 
 
5.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
5.0

la strada per il "paradiso"

Mi chiamo Placido Brozzi, detto Giorgio. Sono nato nel ’37 alla Balduina dove, da tempi antichi, la mia famiglia ha gestito un’osteria, poi con me un ristorante, fino ai giorni della mia malattia. Adesso, il locale è affittato a dei cinesi. Ora vivo in un meraviglioso paese, Bassano Romano, in provincia di Viterbo. Ambisco a fare il gentiluomo di campagna, ma non sempre mi riesce. Una notte di quindici anni fa, sono stato svegliato da un leggero bruciore allo stomaco. Ho chiamato il mio rarissimo amico Nanni, medico otorino, che mi ha consigliato di recarci alla struttura ospedaliera più vicina, dove mi è stato diagnosticato un infarto miocardico in sede inferiore laterale. Dopo 12 giorni di cure in ospedale, sono tornato a casa, in compagnia dei miei bruciori di stomaco, per i quali, durante le visite di controllo, mi è stato suggerito di rivolgermi ad un gastroenterologo. Dal punto di vista cardiologico sembrava fosse tutto a posto. Almeno questo mi è stato detto dagli specialisti che ho incontrato ed ai quali, nelle nostre conversazioni, avevo chiesto se non fosse il caso di sottopormi ad una coronografia. All’opportunità di fare questo esame mi avevo fatto pensare l’esperienza vissuta precedentemente da un mio amico. “È un esame pericoloso e non ce ne è bisogno”, mi è stato risposto. Fatte visite ed esami specialistici di altro tipo, mi sono stati diagnosticati un’ernia iatale, esofagite da reflusso e via dicendo. Tutto questo lo scrivo senza intenzioni polemiche. I medici che ho incontrato in questi anni li ringrazio, convinto che abbiano fatto il loro lavoro in coscienza e buona fede. Lo scrivo perché il racconto della mia esperienza possa servire a persone che si trovano nelle mie stesse condizioni. A queste persone consiglio di rivolgersi, senza perdere tempo, ad un centro specialistico, come ho fatto io con 15 anni di ritardo. Stanco di questo dolore, che negli anni è aumentato di intensità, e delle varie gastroscopie, endoscopie, scintigrafie, ecocardiogrammi in libertà e sottosforzo, ho chiesto al mio medico di famiglia di prescrivermi una visita cardiologica. “Beh, a questo punto”- mi ha detto il mio medico- “penso sia una buona idea”. Praticamente è successo quello che succede quando si va da un avvocato o dal commercialista: bisogna sempre suggerire qualcosa. Con la prescrizione per un visita specialistica, mi sono rivolto ad un cardiologo, fuori dal “giro”, il quale ha confermato che per eliminare possibili dubbi sulla natura di quel dolore sarebbe stato effettivamente utile fare una coronografia. In un giorno di giugno, munito della richiesta medica per una coronografia, e spinto da non so esattamente cosa- sarà forse stato il mio inconscio!?-, invece di andare in macchina, ho preso il treno fino all’ospedale San Filippo Neri, di Roma. Arrivato, mi sono rivolto all’ufficio preposto e il medico che mi ha visto, dopo aver confermato la necessità di una coronografia, mi ha invitato ad aspettare che mi chiamassero per effettuare l’esame. Il 4 giugno sono stato ricoverato presso il reparto di Cardiologia. Dopo qualche giorno uscendo dalla sala di emodinamica, ho incontrato un signore dalla barba e dai capelli bianchi (il cardiochirurgo di guardia), il quale, in modo molto simpatico e rassicurante, mi ha comunicato che avevo bisogno di un intervento di bypass aortocoronarico, poi eseguito il 18 giugno. Nell’immediato non mi sono reso ben conto della mia condizione, ma posso dire con certezza di aver avuto la sensazione di trovarmi in “paradiso”. Sarà stata l’emozione della notizia inaspettata, ma è questo che ho avvertito e il ricordo di quel momento e del mio medico “traghettatore” lo porto con me. Da allora provo a raccontare questa mia esperienza anzitutto per ringraziare tutti, indistintamente, dal primario all’ausiliaria. È per questo che non faccio nomi, ma dico grazie a tutto il reparto. Sin dal momento in cui mi sono risvegliato dopo l’intervento, nella sala di terapia intensiva, dove quella sensazione è tornata, sento l’esigenza di questo ringraziamento pubblico, al quale sono spinto da ricordi nitidi di quello che ho vissuto. Serbo il ricordo chiaro delle parole dell’anestesista, che mi diceva che era andato tutto bene; il ricordo del professore, del quale mi aveva colpito, sin dal nostro primo incontro, l’espressione del viso, un viso che diceva anche quando non usava le parole, e le sue battute molto simpatiche (“Rischi di più a non operarti che ad operarti. Quindi Sali al piano di sopra, che te dovemo operà!”); la dedizione degli infermieri, nella terapia intensiva e nel reparto. Io, che vengo dal mondo del lavoro, non pensavo che si lavorasse così tanto impegno in un ospedale: ogni volta che ho detto “grazie” mi sono sentito rispondere “niente grazie, questo è il mio lavoro”, proprio come accade quando si sente e si porta fino in fondo la responsabilità del compito sociale che siamo chiamati a svolgere. Io non ho il talento dello scrittore, ma voglio provare a scrivere una frase, anche con il rischio che venga fraintesa o potrebbe sembrare egoisticamente banale. Sento un dolore profondo per tutte quelle persone che dall’intervento non si risvegliano, e ciò che mi addolora più della morte e della sua idea, è sapere che il loro mancato risveglio è anche un mancato “appuntamento” con quella sensazione, molto difficile da raccontare, che si sente nel passaggio tra l’intervento e il pieno recupero della coscienza di sé. Tutto molto bello, tantissimo amore, tanta umanità. Non vorrei essere preso per “matto”, ma è un’esperienza da vivere. Dimesso il 25 giugno, sono uscita in punta di piedi dal mio “paradiso”. Non so se sono guarito dalla malattia fisica. Sono nella fase del postoperatorio, ma sento che le cose stanno andando nella direzione di un pieno recupero. Di certo sono guarito da quella malattia sociale che ci vuole indifferenti nei confronti degli altri essere umani, che ci vede a volte sprezzanti nei confronti di persone che studiano, si specializzano, che ricercano e che portano la responsabilità della cura della nostra vita e di salvarla quando questa è in pericolo. Poco importa se in ragione di questa professione alcuni di loro potrebbero diventare anche molto ricchi, perché quando curano, quando operano è la loro umanità che incontri e la loro ricchezza umana è comunque sempre superiore al loro conto in banca. Grazie per questa mia esperienza positiva.

Giorgio Placido Brozzi

Patologia trattata
Infarto miocardico in sede inferiore laterale - Bypass aortocoronarico.

Commenti

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Inviato da nicola polli
15 Luglio, 2010
Elegante e partecipata; lunga ma non prolissa. E' evidente una grande sensibilità di chi scrive.
Auguri Placido (detto Giorgio) e buone vacanze.NP
Inviato da giorgetto
21 Luglio, 2010
Un intervento importante descritto con la giusta discrezione e l'adeguata emotività di un piccolo pezzo di vita che non dimenticherai mai!!!!
Inviato da Fabrizio Gai
23 Luglio, 2010
Dalle tue parole traspare la serenità con cui hai affrontato questo delicato intervento. Credo che il tuo paradiso equivalga esattamente alla felicità intesa nel suo senso più profondo. Tu, amico mio, puoi dire di essere un fortunato in quanto sei stato un uomo felice.
Con affetto.
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