Dettagli Recensione

 
Ospedale San Raffaele di Milano
Voto medio 
 
1.5
Competenza 
 
3.0
Assistenza 
 
1.0
Pulizia 
 
1.0
Servizi 
 
1.0

Molto perplesso

Sono bravi in sala operatoria, ma i rapporti umani e la professionalità per molte persone che lavorano in questo reparto, sono un optional.

Non saprei da dove iniziare. Conosco da tempo l’ospedale San Raffaele per ricoveri dei miei genitori e dove avevo apprezzato, oltre alla ottima capacità diagnostico-curativa, una forte attenzione per il malato, per l’Uomo malato.
Purtroppo ora, dopo qualche anno, sono qui a constatare una caduta di stile, di qualità e professionalità.

Dovevo essere ricoverato nel reparto urologico per essere sottoposto ad un importante intervento chirurgico e avevo deciso di farlo come paziente solvente.
Volevo che fosse un solo medico che seguisse in tutto il percorso della mia malattia e della mia tanto sospirata guarigione.

Ma dopo aver raccolto un po' di informazioni, ma soprattutto avendo vissuto in prima persona delle situazioni, ho cambiato idea, e comunico alla segreteria dei ricoveri che farò l’intervento utilizzando il servizio sanitario nazionale.
Intanto non capisco perchè chi mi chiamava per organizzare il ricovero solvente, mi dava del tu, e anche quando mi incontrava per darmi altre informazioni, continuava a chiamarmi per nome e darmi del tu, come se io fossi il suo più grande amico.
I ruoli sono: io sono il paziente è tu sei l’impiegato che deve organizzarmi gli esami necessari, punto!
Dare del tu a un adulto sconosciuto, che si trova in posizione di inferiorità, è volgare, non è professionale, vuol dire non conoscere neppure l’abc della buona educazione.

Anche sul preventivo per l’intervento in solvenza, ci sarebbe da dire.
Prima mi viene dato un preventivo con un certo importo, poi davanti alla mia titubanza per la cifra elevata, vengo chiamato e mi viene fatto uno “sconto” del 30%... neanche al mercato ci si comporta così!!

Rinuncio all’intervento a pagamento e mi faccio mettere in lista con la mutua, attesa infinita, e alle mie telefonate per sapere a che punto ero della lista d’attesa, solo risposte seccate ma nessuna che indicasse il mio tempo di attesa restante, che ad ogni telefonata veniva indicato come imminente “vedrà entro la prossima settimana….” E le settimane passavano (forse si erano risentiti che avevo scelto la mutua e non il pagamento?)

Arriva poi il giorno della visita pre-operatoria, con foglio con nome e cognome e patologia appeso fuori dalla porta di un ambulatorio e con un medico che cerca di spiegarci che se anche hanno tutti l’appuntamenti per le 9.00 (e siamo circa una decina le persone in attesa) lui può vedere solo una persona alla volta.
Ma che studi servono, oltre a quelli di medicina, per capire che gli appuntamenti devono essere scaglionati? Ma avete un ufficio “complicazione affari semplici”?
E la privacy? Ne vogliamo parlare?

Finalmente arriva il grande giorno del ricovero mutualistico (ricordo che il ricovero, anche se effettuato con la mutu,a viene regolarmente pagato dalla Regione Lombardia all’ospedale).
Durante il ricovero ho scoperto che il reparto “solventi” non è altro che il prolungamento del reparto mutualistico, con lo stesso personale ausiliario e infermieristico. Insomma, una fava e due piccioni.
Personale bravo, preparato ma palesemente sotto stress per l’eccessivo lavoro e il poco personale. Possibile che questa situazione sia tollerata dal caposala, e dal primario? Spero che non pensino che la cura dell’uomo malato sia soltanto un atto di taglia e cuci.
I medici li vedi al mattino presto, poi se vuoi spiegazioni…. il deserto,
Vorrei ricordare che “IO” sono il paziente, loro sono lì per me o meglio per “NOI” pazienti, ma tutta questa fretta per chi è? Se non parlano con me paziente, cosa sono lì a fare?
Dopo la dimissione, serie infinita di telefonate per sapere se la lettera definitiva era pronta.
Si percepisce bene che tutti cercano di scaricare il ritardo su qualcun altro e telefonare al caposala non serva, telefonare alla segreteria del primario per avere informazioni anche semplici (lettera di dimissione definitiva mai pronta ecc. ecc.), non si ottiene mai una risposta esaustiva, si viene indirizzati ad altri numeri che poi non sanno aiutarti e ti dicono che si deve sentire la segreteria primaziale! Un vero e proprio circolo vizioso!
Altra cosa, mai fidarsi degli “accordi medici”, del tipo "Si presenti in ambulatorio alle ore xyz per l’ecografia di controllo e dica di chiamarmi appena arriva"
Risultato: attese di ore!
Ma del medico che ti aveva fissato l’accordo nessuna traccia, e non ero il solo ad attendere!
Se io dò un appuntamento ad un mio cliente, per prima cosa mi ricordo di averlo dato, e come seconda cosa non faccio attendere il cliente. L’avere un camice bianco sopra le spalle non esime i medici da comportarsi da seri professionisti, anzi!
Quello che certamente non manca è la continua richiesta di versare fondi ad un istituto di ricerca urologico, si trova l’invito di fare una donazione ovunque, manifesti in corridoio del reparto, sul documento di accoglienza del paziente, nelle lettere. Signori, meno attenzione alla raccolta delle donazioni, ma molta molta più attenzione al paziente, non siamo “patologie”, siamo PERSONE. Sentire frasi del tipo “…a quello dell’ipertrofia prostatica..” invece di essere chiamati per nome e cognome, squalifica il medico professionista.

Stendiamo un velo pietoso su i bagni a disposizione del pubblico, sporchi, senza carta igienica e occupati da carrelli delle pulizie.
Che conclusioni trarre? Il mio intervento è andato bene, ipertrofia prostatica, ma tutto attorno al malato tanta disorganizzazione, superficialità, sgarbatezza e incompetenza.
La mia esperienza non è certo da centro di eccellenza come da molte parti ho letto.

Patologia trattata
Ipertrofia della prostata.

Commenti

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Inviato da Alfredo
22 Dicembre, 2016
Purtroppo questo commento molto coraggioso rappresenta un po' la situazione di altre strutture ospedaliere. E' una vera tristezza constatare come è ridotta la sanità, ovvero veri e propri centri di affari, anzi, market come si usa dire adesso. È importante che si denunciano tutte le situazioni per cui il malato viene trattato come un numero di letto.
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