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Ps per tentato suicidio
24 febbraio – Portano il mio amico al pronto soccorso su una barella. Ha tentato il suicidio assumendo psicofarmaci.
La prima infermiera arriva e, senza troppe cerimonie, gli chiede: “Che hai fatto? E perché l’avresti fatto?”, poi se ne va sbuffando. Poco dopo, arriva un altro ragazzo, visibilmente infastidito, che gli ripete la stessa domanda con lo stesso tono distaccato.
Finalmente compare un assistente che, stranamente, si dimostra umano e cerca di ricostruire l’intera vicenda. Dopo di lui, il vuoto. Nessuno si fa più vedere.
Dopo ore di attesa, arriva uno psichiatra. Mi guarda e dice semplicemente: “Ma volevi morire?”. Non rispondo. Per lui sembra già una risposta sufficiente, e decide che possono dimettermi.
Passano altre ore senza che nessuno venga a controllarlo. “Lo teniamo sotto osservazione, ma non sappiamo dirle altro. Il medico? Non sappiamo dov’è” forse ha un altro caso, ci dicono. Alla fine, chiediamo di firmare per andarcene. Nessun problema, nessuna resistenza: staccando tutto e ce ne andiamo.
Ecco come viene gestito, in questo ospedale, il caso di un ragazzo che ha tentato di togliersi la vita.
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