Dettagli Recensione

 
Ospedale Annunziata di Cosenza
Voto medio 
 
5.0
Competenza 
 
5.0
Assistenza 
 
5.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
5.0

Gentilezza e cura in Ospedale

GENTILEZZA E CURA IN OSPEDALE
"La gentilezza è un bene complesso e potentissimo che appartiene a ciascuno di noi, ma va riscoperto e praticato quotidianamente, perché porti i suoi frutti migliori." Franck Martin ne Il Potere della Gentilezza.

Mi sono trovata a sperimentare in prima persona l’applicazione di questo principio, come fosse mantra, all’Ospedale dell’Annunziata di Cosenza, esattamente presso l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale “Falcone” con Direttore il Prof. Nardo Bruno.
Dal profondo Sud arriva un esempio da seguire!

Qui efficienza, competenza e gentilezza della cura danno speranza anche alle situazioni più gravi.
Un reparto dove gli interventi effettuati sono delicati e dall’esito spesso incerto, ma tutto è reso più lieve da chi, oltre all’impegno lavorativo, dedica massima attenzione allo stato d’animo del paziente e trova spontaneo rivolgere ogni tipo di accortezza al malato.

Parlo del Primario Bruno Nardo, Chirurgo Trapiantista dal curriculum stupefacente.
Lui salva vite due volte: la prima con il bisturi, la seconda con il cuore concependo un reparto basato su umanità, comprensione ed empatia.

A quanti di voi è capitato che il Chirurgo che ha operato un nostro familiare ti venga a cercare per i corridoi per comunicarti le condizioni del paziente? O ti raggiunge fuori in giardino dove stai ore a fissare una siepe mentre l’ansia e l’attesa hanno completo potere su di te?
Lui sì!
E con pacatezza, verità e semplicità, ti spiega l’esito dell’intervento della tua mamma e l’indomani, ancor prima che tu arrivi in Ospedale, ti ha già telefonato per aggiornarti su come ha trascorso la nottata, e l'unico obbligo post-operatorio che impone per il tuo caro, oltre al riposo, è trasmettergli emozioni positive, immagini felici e pensieri piacevoli.
Ho pensato di vivere in un’altra dimensione quando mi sono trovata ad ascoltare queste parole.
Mi sono commossa. Faticoso trattenere gocce di sale e di sollievo.
Ho pensato: finalmente ci siamo!

E poi c’è tutto lo Staff del reparto: stessa pasta!

A partire dallo specializzando che ti viene ad augurare buon viaggio dandoti la sua parola che a mamma ci pensano loro (e lo fanno sul serio).
IL Caposala? Un mito!
Il suo motto? Qui dentro non ci sono livelli professionali e pazienti, ma ci sono persone! Ancor prima della cura bisogna occuparsi dell’animo.
Ho incontrato una degli OSS per strada, a turno finito, e mi ha chiesto se avessi bisogno di qualcosa, confortandomi sugli ultimi parametri.
E tutti gli Infermieri che senza suoni d’allerta sono sempre vigili e presenti, mai spazientiti e nervosi.
Non una volta passando in corridoio hanno dimenticato di girare lo sguardo in direzione dei pazienti: li ho visti vigilare sul loro sonno, controllare sacche e flebo ben oltre il minimo richiesto dal mansionario, verificare se la copertina è rimboccata o se serve un altro cuscino.

Chiedono. Chiedono sempre come va, cosa serve, cosa possono fare per te.
Se noti qualcosa di strano, da semi-ignorante e lo fai presente, non rimane inascoltato, ma il medico di turno viene da te, chiede approfondimenti, valuta ed agisce.
E’ lo stesso medico che prima di uscire dalla stanza regala una carezza sui piedi alla paziente…

Sconvolge quello che dovrebbe essere naturale.
Stupisce, ma in quella bolla il significato di Ospedale torna all’essenza, alle origini.
La parola deriva dal latino hospitale; hospitalia erano chiamate le stanze destinate agli ospiti e soltanto molto più tardi assunse il significato di luogo di cura per gli ammalati.

E se fosse sempre ed ovunque così?
Allora il sogno sarebbe realtà: pazienti calmi e collaborativi, disponibili alle cure. Tutto procederebbe senza tensioni e senza intoppi perché ci si occupa solo di quello che la malattia causa e i risultati positivi si vedono ed arrivano in fretta: toccano non solo il paziente, ma anche i familiari e il personale assistenziale.
Non si perde l’autorevolezza del ruolo così facendo, anzi, si acquisisce la fiducia e un forte senso di rispetto e stima da parte del malato che si affida ed ascolta, accettando decisioni e terapie.
Si tratta di un circuito.
Ecco che do un altro significato meno tecnico di ‘Unità Operativa’ pensando ad un gruppo di persone che insieme, uniti e collaborando rispondono ai veri need driver care del malato.

La vera patient centricity.
Un fiore nel deserto?
Non lo so. Non penso o almeno ci spero.
Ma sono certa che questa è la via: l’umanizzazione della cura con i suoi vantaggi per favorire la guarigione.

Aspettando una Sanità dall’anima meno aziendale e più a misura di sofferente, voglio dire Grazie ad ognuno degli attuatori di questo miracoloso meccanismo per tutto quell’affetto, che hanno donato a mia madre e a tutti gli altri pazienti, ancor prima della loro grande professionalità.
Michela Fazzito
CEO & Founder Mission Empathy

Patologia trattata
Adenocarcinoma.

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