Dettagli Recensione

 
Ospedale di Trento
Voto medio 
 
5.0
Competenza 
 
5.0
Assistenza 
 
5.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
5.0

Un'esperienza nella sanità che funziona

Pneumologia del “Santa Chiara”: un’esperienza nella sanità che funziona.

Ho un primo contatto con il reparto di Pneumologia del Santa Chiara per una broncoscopia: è opinione diffusa che si tratti di un esame invasivo, rischioso, doloroso. Sono preoccupato, ma l’indagine, eseguita dalle “sapienti” mani degli pneumologi del Santa Chiara, non rappresenta certamente un momento gradevole, ma non costituisce neppure un’esperienza così traumatizzante.
A seguito di questo e di altri esami, mi viene diagnosticata la presenza, nei polmoni, del Mycobacterium avium complex, per l’eradicazione del quale devo assumere tre tipi di antibiotico al giorno per un anno e mezzo.
Durante la terapia sono seguito in Day Hospital, istituto che funziona in maniera assolutamente perfetta: l’infermiera, che presiede il servizio, sempre gentile, nella stessa mattina provvede al prelievo del sangue, effettua l’elettrocardiogramma, misura la pressione e la saturazione, controlla il peso, invia il paziente nel reparto di radiologia per la radiografia al torace da lei precedentemente prenotata, infine fissa l’appuntamento per la visita specialistica.
Nel frattempo ho modo di apprezzare la cortesia e la pazienza davvero notevoli delle infermiere che eseguono la spirometria.
Solo alcuni giorni dopo aver terminato la terapia, fortunato qual sono, vengo ricoverato nel reparto in quanto affetto da una polmonite bilaterale, con versamento pleurico, di notevole gravità, tant’è vero che gli pneumologi ad un certo momento prospettano l’opportunità di un intervento chirurgico, ma poi riescono, con un mix di antibiotici, a trarmi fuori da una situazione davvero complessa, così dopo ben oltre tre settimane di degenza torno finalmente a casa. Ma a meno di un mese di distanza sono costretto ad un nuovo ricovero nel reparto anche se solo per alcuni giorni.
In conseguenza di quanto sopra penso di avere acquisito una conoscenza dell’Unità Operativa tale da consentirmi di esprimere qualche fondata opinione sulla sua funzionalità.
Credo, ad esempio, di potere affermare che il personale di Pneumologia agisce con indiscutibile competenza e con assoluta dedizione al proprio lavoro.
Operatrici ed operatori poi, spesso assai giovani, soprattutto in relazione all’ottantatreenne sottoscritto, dimostrano gentilezza, affabilità, disponibilità all’ascolto, cordialità.
Ho l’impressione che svolgano con piena convinzione il loro ruolo, che siano consapevoli della delicatezza del proprio compito anche sotto il profilo del rapporto umano, che considerino davvero il paziente come “persona” in condizione di fragilità, di debolezza e pertanto bisognoso di attenzioni particolari.
Sono a letto con la febbre alta, giorno dopo giorno devo ricorrere al personale per tutto, anche per i bisogni più elementari, in certi momenti ho la sensazione di perdere la mia dignità di essere umano, ma la spontanea naturalezza, con cui sono assistito in ogni circostanza, attenua il mio disagio.
Alcune infermiere, poi, vanno premurosamente oltre le loro specifiche mansioni, infatti, mentre sono sfinito, assolutamente inappetente, esse mi sollecitano con continuità a sforzarmi di mangiare qualcosa, a non rimanere sempre a letto, a trascorrere almeno alcuni minuti in poltrona, a cercare di fare qualche passo con il deambulatore.
La loro insistenza al momento quasi mi infastidisce, ma il tono amorevole con cui mi si rivolgono mi induce poi a seguire, con esito positivo, i loro giusti suggerimenti.
Le premure delle operatrici e degli operatori sono tali che talvolta prevengono le richieste del paziente: tossisco con continuità per quasi due minuti ed ecco l’infermiera con le gocce per sedare la tosse senza che abbia suonato il campanello.
Non mi capita mai di avvertire segni di insofferenza anche quando potrebbero essere comprensibili: mi cade un bicchiere di vetro che va in frantumi per cui i frammenti si spargono per tutta la stanza; naturalmente sono mortificato, ma l’infermiera mi rassicura: “Succede anche a casa mia, tranquillo, rimediamo subito”.
Sto per assumere delle gocce per dormire, ma mi si rovescia il piccolo contenitore e le gocce cadono per terra, sono incerto se rischiare di trascorrere la notte in bianco o se suonare il campanello; alla fine opto per la seconda soluzione e l’infermiere me ne fornisce delle altre con estrema gentilezza.
Sono episodi piccoli, irrilevanti, non meritevoli di essere menzionati per chi è in salute dentro le mura della propria abitazione, ma per chi è in una stanza d’ospedale sono significativi, almeno io li interpreto come manifestazione della tendenza a porre al centro il paziente, a fare in modo che, nella condizione data, avverta il minore disagio possibile.
Naturalmente non manca nel reparto la figura più spavalda, meno delicata, o supponente, ma è normale nell’ambito di una comunità di decine di persone.
La mia esperienza si riferisce al periodo anteriore rispetto alla “bufera infernale” che ha sconvolto l’Italia e il mondo intero.
Auspico che dopo lo stress che il personale medico e paramedico ha dovuto sopportare, si torni presto alla normalità e nel reparto di Pneumologia sia ristabilito il clima preesistente.
Frattanto, a tutto il personale rivolgo un saluto cordialissimo ed esprimo la mia gratitudine per il senso di umanità costantemente dimostrato.

Rolando Presti

Patologia trattata
Mycobacterium avium complex - polmonite.

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