Per fortuna che è una struttura d'eccellenza! I dottori non ti spiegano quello che hai, si scocciano e te lo fanno notare se hai delle domande o perplessità, ti zittiscono se cerchi un contatto con loro.. Ho avuto l'impressione che non leggessero neanche la cartella del paziente, che non si passassero le informazioni e che si contraddicessero continuamente. Prima dicono che devo iniziare la terapia, poi questa terapia non la inizio mai; prima dicono che mi devono far fare una cura per urinare e abbassare la pressione sanguigna, poi di questa nemmeno l'ombra e mi fanno aspettare i giorni sul letto d'ospedale in attesa che inizi qualcosa. Nessuna umanità, ho avuto quasi l'impressione che mi guardassero dicendo "mi dispiace per te, ma il problema è tuo e veditela tu". Che dire. Sono estremamente delusa e insoddisfatta di questa struttura e dell'equipe medica.
Ricovero programmato, e su questo nulla da dire; dopo l'arrivo in reparto mia madre viene messa a letto ed aspetto 4 ore e mezza per compilare la cartella clinica. Ebbene, quando finalmente arriva il nostro turno, la dottoressa di turno (non scrivo il suo nome solo per screditarla, visto che anch'io sono un medico...) si allontana senza dirmi nulla, allorché la chiamo e mi risponde con tanta supponenza che è arrivata l'ora di pranzo!! Ci rendiamo conto, io sono lì da 4 ore e mezza e lei deve mangiare! Anch'io lavoro in un grosso ospedale, anch'io stacco ogni tanto ci mancherebbe, ma prima porto a termine quello che è in sospeso! Scortesia e scarsa comunicazione sono le basi per un fallimento sicuro, io firmo le dimissioni volontarie e porto mia madre a vivere i suoi ultimi giorni a casa sua.
Un medico scontento e deluso.
Abbiamo scelto questo ospedale non perchè credevamo nei miracoli, ma nella competenza(??) Se questa c'è stata, oggi si perde fra l'incancellabile ricordo di un martirio fatto di attese (es.: 4 mesi per la biopsia su sette mesi di sopravvivenza- con ovvio slittamento delle cure- e 5-6 ore per le dimissioni, o accettazioni, o chemio) su un paziente che non riusciva neanche a stare disteso per i dolori. Per non parlare della superficialità, o noncuranza della gravità della situazione. Noi, famiglia, e lui paziente, ci aspettavamo accoglienza, priorità e rassicurazioni di essere perlomeno in premurose mani. E invece noi abbiamo dovuto lacrimare sangue di dolore per farci sentire, e il "paziente" assisteva impotente. Col senno di poi, sappiamo che guarigioni non ce ne sarebbero comunque state, ma al tanto dolore è stato aggiunto altro dolore, per un malato terminale che ha dovuto combattere innanzitutto contro l'indifferenza, essendo uno fra tanti. Ma il paziente era mio fratello, si chiamava Michele Rella, era un essere umano, aveva una dignità, e per ironia della sorte, nella sua vita ha sempre difeso i più deboli...