Dopo quasi un anno tra cure e terapie fatte, mia mamma non riesce più a camminare bene, in quanto ha il ginocchio operato sempre gonfio. Abbiamo fatto un sacco di accertamenti e alla fine è venuto fuori che la protesi messa è più piccola rispetto al peso e alla struttura fisica di mia madre. Ed è stata dimessa dall'ospedale con una infezione (ves) così alta che questa non si è mai abbassata, ed ora c’è ancora..
Io e mio padre siamo arrivati con 15 minuti di ritardo, aspettiamo 45 per l'accettazione, alla fine ci chiamano. L'infermiere gentilmente ci fa alcune domande e fa accomodare mio padre sul lettino della risonanza magnetica; dopo averlo sistemato per bene chiude la parte per l'inizio dell'esame e mi fa accomodare nello spogliatoio.
Dopo un minuto viene l'infermiere e mi dice che per adesso non è possibile eseguire l'esame perché la paziente che aveva l'appuntamento alle 9:30 si sta lamentando, quindi ha fatto alzare mio padre, lo ha fatto rivestire e accomodare fuori.
Ovviamente ho riferito in accettazione il mio disappunto e che riferisco a chi mi leggerà: non voglio avere ragione perché siamo arrivati in ritardo, assolutamente no! Ma avrebbero potuto semplicemente dirlo in accettazione prima di farci entrare, spogliare, sistemare sul lettino.
Se un paziente, dopo essere stato dimesso e ritorna a casa con distanze di parecchi Km. e gli capita una urgenza cardiaca (dove il tempo è preziosissimo), come fa? Poichè se chiama in Clinica dopo un certo orario, o non risponde nessuno o al massimo ti mettono in contatto con il reparto che ti ignora completamente.. Questo agire mi sembra strano, e poco professionale paragonandolo alla serietà che ho incontrato da ricoverato/a nello stesso reparto della clinica, con medici e infermieri meravigliosi. Forse non so io l'agire corretto in questi casi, e se c'è un protocollo da seguire.
Con gratitudine e con convinzione di un giusto consiglio, un saluto a tutto lo staff di Cardiologie e Cardiochirurgia.
Il figlio Dr. Pietro Panzardi