Ospedale del Mare di Napoli
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Ospedale del Mare: un girone infernale
Si pensa che il girone infernale dantesco possa essere la peggiore esperienza della vita sino a quando non si arriva al pronto soccorso dell'ospedale del mare di Napoli.
Purtroppo mia mamma ha vissuto questa tristissima esperienza che non auguro nemmeno al peggiore nemico. Tutti i pronti soccorsi degli ospedali italiani sono in enormi difficoltà, ma se a queste si aggiungono la totale mancanza di umanità del personale sia medico che infermieristico, allora si arriva ad un abisso nero senza fine.
La situazione dei reparti cambia di poco, si passa dalla mancanza di coperte per gli ammalati ed i litigi nei corridoi degli infermieri a cui non è stato concesso lo straordinario del reparto di medicina di urgenza sub-intensiva, alle dottoresse del reparto di medicina generale che invece di focalizzarsi sulle difficoltà di un'ammalata allettata si soffermano sulle lamentele di un'ammalata allettata e parzialmente disconnessa dalla realtà a causa della lunga degenza. La mancanza di igiene che determina le piaghe da decubito e campanelli che suonano inascoltati per un bicchiere d'acqua di ammalati che sono soli e non riescono ad allungare una mano sul comodino.
La dignità totalmente calpestata da chi vede dell'ammalato un disturbo durante il turno di notte, un ennesima rottura di scatole a cui dover rispondere.
Dietro il finto rigore del rispetto dei regolamenti che non consentono un'assistenza notturna a chi ne ha bisogno, ma che chiudono 100 occhi ai commercianti che offrono i servizi di ambulanze private lasciando bigliettini in ogni stanza.
Pronto Soccorso
Mio padre, malato cronico di diverse patologie, è entrato in Pronto Soccorso domenica 8 Ottobre a seguito di astenia e dispnea.
Triage tutto sommato adeguato, è stato portato in codice rosso.
Trattato e stabilizzato, ma con ancora affanno, è stato lasciato su una barrella, abbandonato da tutti, con sintomi della polmonite ingravescente, senza ossigeno, senza nessuna terapia in atto, senza poter parlare e confrontarsi con qualcuno. L'unico collegamento con il mondo esterno era il suo telefonino, dal quale riceveva le chiamate ansiose mie e di mia madre.
Abbiamo assistito ad un rapido decadimento delle sue funzioni vitali.
Solo dopo 16 ore dal ricovero gli hanno somministrato l'ossigeno, perché lui lo ha chiesto (e mio padre non chiedeva nulla, sopportava e basta), e gli hanno messo una flebo (credo NaCl, a causa di iponatriemia).
Dall'ora di pranzo in poi del 9 Ottobre il quadro è peggiorato.
Alle 18.30 torno in PS, e vedo che mio padre peggiora. La dispnea si aggrava, le funzioni cognitive pure.
Morale? La bombola di ossigeno era terminata chissà quante ore prima.
Chiamo subito la dottoressa, e con il saturimetro leggo 76: un valore incompatibile con la vita.
Dopo 5 minuti mio padre muore tra le urla di mia madre.
Hanno provato a rianimarlo, ma ormai il livello di trascuratezza ed abbandono al quale era stato sottoposto aveva avuto la meglio su un uomo forte di volontà (seppur debole di fisico) come mio padre, che aveva già superato molte battaglie.
Indubbiamente si tratta di una storia, una delle tante, di malasanità causata da sovraffollamento, da gestione politica inefficace e da personale sottodimensionato rispetto alle esigenze del presidio.
La componente influenzata dalla storia medica sicuramente ha influito, ma resta tanta rabbia e tanto dolore.
Intanto mio padre non c'è più, ed ho perso il mio unico amico.
Andate al Cardarelli.
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