Villa dei Pini di Firenze

 
4.1 (25)

Recensioni dei pazienti

3 recensioni con 3 stelle

25 recensioni

 
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Ricovero di mia figlia

Mia figlia, diciottenne da appena 4 mesi, è stata ricoverata presso Villa dei Pini per quattro mesi, inviata lì dal Centro Disturbi Alimentari di Umbertide (PG). Ancora a distanza di quasi un anno non capisco come si possa inviare una ragazza così giovane e con il vissuto di mia figlia in una struttura come Villa dei Pini.
Il disturbo di mia figlia è iniziato a maggio 2020 con disturbi alimentari, seguiti da autolesionismo. La diagnosi di Villa dei Pini è stata di disturbo borderline. L'esperienza a Villa dei Pini purtroppo è stata negativa, avendo segnato pesantemente il percorso di guarigione di mia figlia. Struttura che dietro ad un apparente approccio moderno alla malattia mentale tramite i gruppi della DBT, in realtà ricorre in maniera massiccia all'uso dei farmaci. I pazienti che accoglie soffrono di diversi tipi di patologie, tra cui alcolismo e droga, e vanno dai 18 anni a salire.
I pazienti ad eccezione dei gruppi DBT, che occupano poche ore della giornata, sono poi lasciati a sè stessi ognuno con le proprie problematiche, ognuno con le proprie crisi. Le crisi vengono fronteggiate con il ricorso di gocce di Rivotril o di flebo di Valium. Il giorno dopo non viene affrontato il motivo dell'insorgere della crisi, e al ripresentarsi di una nuova crisi si ricorre sempre ai farmaci. Mia figlia si alzava dal letto barcollando, una volta barcollava così tanto che è caduta. Mia figlia in struttura ha incominciato a bruciarsi e ha tentato diverse volte il suicidio. Inoltre, è stata ricattata emotivamente da un paziente di 45/50 perché "innamoratosi" di lei e non contraccambiato, cosa che ha compromesso il già precario equilibrio emotivo di mia figlia. Quando sono andata a riprenderla, allo stacco era aumentata di peso, quindi da anoressia era passata ad obesità per abbuffate alle macchinette; camminava come un robottino, le tremavano pesantemente le mani, aveva le ferite infette e non riusciva ad urinare e per andare d'intestino prendeva 3 bustine di MOVICOL al giorno. Inoltre, devo segnalare la mancanza di contatto tra la struttura e la famiglia. Io ho lasciato a marzo mia figlia dietro ad un cancello, nessun medico mi ha accolto per spiegarmi i procedimenti terapeutici che sarebbero stati intrapresi, per parlare con un dottore era possibile solo telefonicamente dopo attese e la sensazione era sempre quella di disturbare, ricevevo sempre poche parole su come stava mia figlia, ho richiesto un appuntamento in presenza per parlare con un dottore che non mi è stato concesso ed è stato possibile averlo solo telefonicamente. Ritengo importante specificare che ho rivisto mia figlia dopo tre mesi a causa del blocco COVID. Al momento delle dimissioni, avvenute per volontà di mia figlia, non le è stata data la terapia che doveva prendere nelle ore immediatamente successive all'uscita. Ancora non mi capacito di come nel 2022 il disagio mentale, soprattutto a questa giovane età, venga affrontato in questo modo e che non esistano strutture adeguate ad aiutare questi ragazzi a ritrovare il loro equilibrio soprattutto in un periodo storico come questo in cui si registra un aumento importante di queste patologie tra i giovani.

Patologia trattata
Anoressia e autolesionismo.
Voto medio 
 
2.5
Competenza 
 
1.0
Assistenza 
 
2.0
Pulizia 
 
5.0
Servizi 
 
2.0

Deluso

Sono entrato in questa clinica a fine maggio, con una diagnosi di depressione maggiore ricorrente e ansia generalizzata dopo una guerra con la psichiatra del CSM che non voleva mandarmi, sostenendo che potevo essere tranquillamente curato ambulatorialmente. Peccato che da novembre abbia attacchi di panico/ansia (?) continui, con forti tremori simili a convulsioni, svenimenti improvvisi e azzeramento della vita normale: fatico a fare tutto, ho sospeso il lavoro, non scendo le scale, non guido ecc.
Premetto che le mie condizioni erano (e sono ancora) gravi, che sono resistente ai farmaci e ad alcuni intollerante e proprio per questo credevo che in una clinica sarei stato seguito e monitorato meglio. Avevo mille speranze, di poter uscire non miracolato, ma almeno migliorato, con una terapia giusta che mi consentisse di fare una vita pseudo normale.
I medici della struttura, che generalmente passano in visita sempre in tarda mattinata (nel pomeriggio c'è solo un medico di guardia) poco prima del pranzo (per cui ci sono orari ferrei) e sempre di corsa (alloggiavo in una delle ultime camere), hanno solo modificato la terapia che mi aveva prescritto la dottoressa del mio CSM, troppo blanda e forse nemmeno tanto giusta per il mio caso (lei sosteneva che tutto dipende dalla mia mente e non è favorevole a dare troppi farmaci, grazie al cavolo, direi!). Tuttavia non sono un medico e non critico le scelte terapeutiche, ma non vedendo miglioramenti chiedevo il perché e e non ho mai ottenuto altra risposta se non "sei un caso difficile". Pertanto ho continuato ad avere stanchezza, svogliatezza, tremore e tutti i sintomi dell'ansia generalizzata (grave per altro), amplificati da un ambiente a dir poco ostile per chi soffre di depressione.
A volte hanno tentato di darmi farmaci nuovi ma, visti gli effetti che avevano (spesso un effetto paradosso, cioè il contrario di quello sperato) sospendevano: insomma, per 26 giorni ho fatto la cavia e passato giornate nella speranza che si decidessero a provare qualcosa.
Al bisogno, quando stavo molto male, mi davano del valium, anche in flebo, oppure delle gocce di rivotril, giusto perché di benzodiazepine ne ho prese poche in vita mia!!!
Detto questo, non posso che affermare che il personale medico ha forse poca voglia di perdere tempo con casi complicati (tanto anche se la struttura è privata, riceve le sovvenzioni dalle regioni che inviano i pazienti, quindi lo stipendio è assicurato), oppure in altre patologie, come le dipendenze (sembra che i pazienti affetti da dipendenze escano da lì miracolati...poi tonano dopo sei mesi in condizioni peggiori, ma questo è un altro discorso ), ma non nelle malattie psichiatriche come la mia.
Il personale infermieristico è nel complesso competente, anche se vi consiglio di controllare le terapie che vi somministrano perché spesso le sbagliano oppure ti danno quelle del compagno di camera (e se chiedi qualcosa ti rispondono pure male, soprattutto alcuni).
Non parlerò della mensa perché non si tratta di un ristorante stellato, comunque accettabile.
La struttura è bella, la pulizia impeccabile.
Peccato che i pazienti vengano lasciati tutto il giorno senza fare nulla, tanto per deprimersi ancora di più: le ore sono scandite solo dall'orario dei pasti. Nel pomeriggio ci sono corsi di rilassamento muscolare o assertività frazionati in due mezz'ore per via dei protocolli imposti dalle misure anti-covid. Per il resto il vuoto totale, quindi per chi può camminare (non è il casso mio, per via delle poche forze e del tremore), solo passeggiate lungo il viale da cancello a cancello..
Capisco sia una clinica dove arrivano casi al limite, ma proprio per questo dovrebbero rimandarci a casa migliorati!
Dulcis in fundo: alla visita del martedì mattina mi hanno detto che il mio percorso sarebbe terminato lì, date le mie complicazioni e che non potevano fare altro e che l'indomani mi avrebbero dimesso.
Ho organizzato tutto, fatto prendere una feria a chi mi doveva venire a prendere (vivo fuori regione) e sapete cosa poi mi hanno detto nel pomeriggio? Che avrebbero potuto testare un'altra terapia. Mi sono sentito su scherzi a parte! Ovviamente ho rifiutato.
Ora sono a casa da circa due settimane, ho dovuto cercare uno psichiatra a pagamento, dato che quelli del CSM non hanno tempo di seguirmi, essendo l'area troppo vasta e poco il personale, che mi ha ripetuto le stesse cose circa la complessità del mio caso, che nessuno mette in dubbio. Quindi sono stato 26 giorni qui per accertare cose che già sapevo? Sono deluso, amareggiato e arrabbiato.

Patologia trattata
Depressione maggiore ricorrente e ansia generalizzata.
Voto medio 
 
3.3
Competenza 
 
3.0
Assistenza 
 
4.0
Pulizia 
 
3.0
Servizi 
 
3.0

L’educazione alimentare... al contrario

Non voglio fare una vera e propria “recensione”, perché non ho davvero acquisito abbastanza informazioni su metodologie e trattamenti in quanto ho deciso di dimettermi volontariamente il giorno dopo essere entrata. Non starò qui neanche a commentare certe lacune nella comunicazione e nell’organizzazione, perché sono pecche a cui si può e bisogna soprassedere il più possibile, quantomeno per rispetto a chi svolge il lavoro duro in queste strutture così come in tutti gli ospedali (vale a dire Oss e infermieri). Vorrei piuttosto condividere una riflessione che spero possa trovare un riscontro o far riflettere in qualche modo chi leggerà questa pagina in cerca di notizie su questo tipo di cliniche.
Personalmente ho deciso (su consiglio dell’Asl) di farmi ricoverare per binge eating/ bulimia (la doppia definizione non è a caso, in quanto da 3 diversi specialisti sono stata diagnosticata come bulimica ma ricoverata nella seguente struttura nel gruppo binge eating reparto obesità, senza essere tra l’altro messa a conoscenza della cosa, facendomi sentire naturalmente un’obesa nonostante i miei 71 chili di peso che razionalmente so di non poter certo far rientrare nella fascia di obesità). Non posso naturalmente parlare di tutto ciò che concerne la terapia di gruppo o la fisioterapia, non avendone preso parte, vorrei parlarvi invece di un aspetto molto pratico, che è il principale che mi ha spinto ad andarmene senza rimorsi dopo poco più di 24 ore.
Ero già a conoscenza del fatto che sull’alimentazione si sapesse molto poco, o meglio, del fatto che le informazioni oramai sono abbondanti ma questo sapere non è ancora arrivato interamente al personale medico o, almeno, non alla maggior parte di loro. D’altra parte, da quel che mi hanno riferito amici studenti di medicina (e anche a quanto dicono fior fior di medici che parlano dell’argomento, Franco Berrino per citarne uno), alla facoltà di medicina, di alimentazione (e di quanto sia CENTRALE per la salute di ognuno di noi scegliere certi stili alimentari e di vita invece di altri) si parla ben poco. Detto questo, non mi aspettavo però di trovare una tale mancanza di cultura alimentare in un reparto specializzato in disturbi alimentari. Il primo giorno ho ricevuto carne rossa sia a pranzo che a cena, ed erano previsti anche due primi (quindi cereali, fra l’altro non integrali, ben due volte al giorno), contorno di verdure (fin qui ci siamo) e frutto definito dalla dietista stessa “obbligatorio” quando non vedo perché dover assolutamente finire un pasto già abbondante con un frutto superfluo che posso mangiare come spuntino mattina e pomeriggio senza dovermi appesantire, dato che dopo non dovrò avere le energie per andare a zappare la terra o a cacciare ma semplicemente per far due passi, leggere un libro o guardare un film ...purtroppo le vecchie leggende son dure a morire, soprattutto per chi pensa di aver acquisito la scienza, se non l’onniscienza, solo per aver frequentato un’università ed ottenuto una laurea, quando il vero e fondamentale principio di scienza e saggezza dovrebbe essere quello di porsi sempre dei dubbi e mettersi sempre in discussione. Cosa che io ho fatto, purtroppo senza avere ancora trovato risposte ai miei dubbi, riflettendo il primo giorno e poi il secondo giorno mentre tornavo a casa, cosa che sto ancora facendo cercando di trovare ragioni valide dietro questo approccio alimentare, considerato soprattutto che, a quanto mi ha detto una paziente del posto, è lo stesso di molte altre cliniche. Ora io mi chiedo: come si può affermare, con gli strumenti di informazione di oggi e con la consapevolezza dell’ambiguità e lucro a danno del consumatore che sta dietro all’industria alimentare, che la Nutella sia sana? E, soprattutto, come può affermarlo un dottore? Come può una dietista (per altro decisamente in sovrappeso, il che dà quantomeno da pensare) affermare a priori che le mie siano supposizioni basate sull’essere influenzata dall’industria della dieta senza che la dietista in questione mi conosca né sappia qual è il tipo di fonte da cui attingo la mia conoscenza (se pur parziale, senz’altro c’è sempre molto da imparare) dell’argomento? Sono questi gli atteggiamenti che vanno contro la scienza e contro ogni possibilità di dialogo e scambio. Come può una psichiatra (specializzata in disturbi alimentari) dire ad una paziente che definisce patatine, pop corn, kinder al latte, biscotti alla nutella e cose del genere “schifezze” , che le sopracitate sostanze non sono da considerarsi schifezze? E, tra parentesi, è poi così appropriato dirglielo nel momento in cui tu psichiatra sai che la paziente ha una tendenza ad abbuffarsi (per motivi psicologici che poi naturalmente diventano anche chimici e di dipendenza) di suddette sostanze? Se io non avessi la consapevolezza e conoscenza che ho acquisito e se non avessi già iniziato un percorso aiutata da persone scienti (anche se magari non macro titolate), restare in questa struttura mi avrebbe letteralmente rovinata. Logica vuole che mi sarei sentita giustificata a mangiare quelle che l’autorità a cui mi rivolgo non considera schifezze! Naturale.
Insomma, una concezione dell’alimentazione sicuramente molto poco educativa, ma, soprattutto, del cibo davvero malsano. Potrei citarvi il tè dolcissimo palesemente pieno di aromi (espressamente e dichiaratamente infuso già fatto, quelli che si trovano nelle macchinette e che sono dolcissimi pur senza aggiungervi zucchero), potrei citarvi la mancanza di fette biscottate integrali, o la confezioncina di marmellata da buffet da locanda a 1 stella contenente principalmente zucchero e ben poca frutta. Il concetto di base che vuole essere instillato è il seguente: puoi mangiare quello che vuoi, basta che tu lo faccia in modo sano. Se il concetto fosse “nel momento in cui mangi qualcosa di malsano non devi fustigarti per il senso di colpa” ci troverei della logica difficilmente discutibile, soprattutto se applicato, ad esempio, ad una ragazza anoressica o comunque il cui disturbo alimentare comporti una forte punizione verso se stessa e una distorsione della realtà che la circonda. Non sempre si ha accesso a cibo sano, nella vita i momenti in cui si dovrà venir meno al proprio stile di vita e alimentazione ci saranno sempre ed è bene non farne una tragedia. Ma il concetto “mangia quel che vuoi purché sia in modo sano” non solo è sbagliato, è anche pericolosamente semplicistico per una persona ignorante in merito che cerca di imboccare la buona strada sulla via della guarigione. In fondo, si può davvero mangiare qualcosa di malsano in modo sano? O, quantomeno, nel momento in cui quello stile alimentare malsano viene applicato, anche se “moderatamente”, ogni singolo giorno, nel complesso quanto posso dire di avere un approccio sano? Come mai all’alcolizzato o al drogato non si consiglia di bere solo un bicchierino/una piccola dose una tantum? Davvero si pensa ancora che il cibo non possa diventare droga? Che non possa diventare quella momentanea luce che fa dimenticare tutto il resto?
E intanto la ragazza obesa che mangiava accanto a me si spalmava su fette biscottate (rigorosamente prodotte con farine raffinate) la sua odierna confezione di Nutella, sotto approvazione di dietisti e psichiatri. E senz’altro con grande gioia del Signor Ferrero.
Tutto cambia e niente cambia...per dirla con Vasco Rossi: “E bevi la coca cola che ti fa bene...”

Buona vita.

Patologia trattata
Bulimia/ binge eating.
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